Originario di Campobasso, Silvio De Francesco vive a Napoli, ma ha la sfortuna di aver acquisito, oltre al blasone dei De Blasio, terre e affari a Bovalino, il paese dei sequestrati. Anche dopo la morte della moglie baronessa, in Calabria ci va ogni anno per dedicare alcune settimane alla raccolta delle olive. Lo rapiscono la notte tra il 6 e il 7 ottobre dell’80 a casa sua. Ha settantasei anni e porta l’apparecchio acustico. È da solo. Probabilmente non sente nemmeno quando sfondano la porta. Nulla può, è troppo vecchio. Anche per reggere la fatica della marcia sui monti. A due giorni dal sequestro arranca, non riesce più a respirare, il cuore esplode e si lascia andare in un fossato nella zona di Ferruzzano, durante il trasferimento alla cella preparata per lui in Aspromonte. Lo abbandonano lì, senza vita, dove verrà ritrovato il 13 ottobre 1980. Un fagotto avvolto nelle bende, con le mani ancora legate, un cerotto sulla bocca e il cappuccio a coprire il volto.
Un ennesimo sequestro di persona è stato messo a segno lunedi notte nella campagna di Bovalino (Reggio Calabria), centro costiero della Locride
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