Giancarlo Conocchiella aveva 34 anni e faceva il dentista in un ambulatorio ereditato dal padre Giuseppe già sindaco del paese e consigliere provinciale per la DC. Apparteneva a una famiglia benestante in un contesto in cui tutti pagavano il pizzo per poter gestire i propri affari.Il 18 aprile 1991 Conocchiella è a Briatico ma dopo aver lasciato il suo studio scompare nel nulla. I rapitori chiamano il suocero dell’uomo, Attilio Marcellini per ben tre volte. Da subito il sequestro viene considerato anomalo dagli investigatori. La richiesta di riscatto è fissata per tre miliardi di lire, mentre proseguono le indagini a Vibo. La giovane moglie di Connocchiella, Audinia promette di non fermarsi davanti a niente e nessuno. Crescono la solidarietà e le iniziative, così come l’indignazione dei familiari, tra cambi territoriali di competenza finisce in cella il pregiudicato Carlo Vavalà, presunto telefonista della banda. Il 21 febbraio 1993 viene assassinato lo zio di Giancarlo, Filippo Piccione, seguono anni di sgomento e di false speranze. Dopo la condanna definitiva per Vavalà, inchiodato dalla testimonianza della figlia quindicenne Mariangela che riconosce la voce del padre nelle intercettazioni, il pregiudicato si pente e svela dove è seppellito Conocchiella. Il corpo verrà ritrovato il 17 dicembre del ’96. La verità viene fuori: Conocchiella è morto per essersi rifiutato di pagare il pizzo imposto dal boss Nicola Tripodi.
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