Mario Dodaro, vittima di resistenza

E' la sera del18 dicembre 1982 e Mario Dodaro, imprenditore di quarantatré anni, è appena uscito dal suo salumificio di Castrolibero (un comune della cintura di Cosenza). Prende la strada di casa, poche centinaia di metri da percorrere a piedi. Arriva, prende le chiavi dalle tasche, intanto il figlio Francesco gli apre. Si accorge che c’è qualcosa che non va, si gira, vede un killer, chiede aiuto. Non serve a nulla: l’omicida spara uno, due, tre colpi in rapida successione. Tutti verso il basso, forse vuole solo gambizzarlo. Mario Dodaro però si piega per il dolore. Il terzo colpo, che lo centra alla gola, è quello fatale. È un omicidio pesante: Dodaro, con i suoi fratelli, ha fondato il salumificio nel 1968, dà lavoro a molte persone a Cosenza e in provincia, fa affari in tutta Europa. Da qualche tempo, poi, ha deciso di dare sfogo a due sue grandi passioni: il calcio e la politica. È segretario della sezione della Democrazia Cristiana a Castrolibero (dal 1970 al 1975 è stato anche consigliere comunale) ed è diventato azionista del Cosenza calcio. Le inchieste portano dritto alla cosca Perna di Cosenza. Il motivo? Dodaro s’è ribellato alle richieste estorsive del clan (da Dimenticati, di Alessio Magro e Danilo Chirico).

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