Santa Buccafusca, per tutti Tita, una bella donna dagli occhi scuri, appartiene a una tranquilla famiglia di pescatori quando, nel 1985, conosce Pantaleone Mancuno, detto "Luni Scarpuni", che di lì a poco diventerà suo marito, nonchè boss dell'omonima cosca. La vita di Tita, fin dalla giovane età, è contrassegnata da difficoltà e dolori: l'arresto del marito e del padre, poi la morte del fratello e quella della madre. Un'esistenza travagliata e cupa che la porta nel 2008 a soffrire di una profonda depressione che renderà necessari due ricoveri presso l'ospedale di Polistena. Nonostante tutto però, fino al 2011, Tita assolve ai suoi doveri di moglie devota, sostiene il marito e ne diviene prestanome: la "Buccafusca Santa" e la "Helios Sas" sono solo alcune delle aziende per le quali risulta maggiore azionista. Nel 2010 Tita diventa madre di un bambino e sarà proprio lui a spingerla a compiere un gesto pericolosissimo per l'ambiente mafioso: collaborare con la giustizia. Il 14 febbraio del 2011, nel giorno di San Valentino, Tita, con in braccio il suo bimbo di appena 15 mesi, si reca presso la stazione dei Carabinieri di Nicotera Marina e lì dichiara di voler entrare in un programma di protezione e di collaborare con la giustizia. Vuole parlare, vuole raccontare affari e retroscena della guerra che si sta per scatenare, ma vuole soprattutto salvare suo figlio da un destino inevitabile. Davanti agli inquirenti chiama il marito e dichiara le sue intenzioni. Trascorre la notte fuori casa, assistita da uno psichiatra. Ma Tita è una donna tormentata e fragile, forse non è ancora pronta a sostenere il peso di quella scelta e le sue conseguenze. La mattina dopo infatti ci ripensa e chiede di poter sentire la sorella. Dopo la telefonata decide di non firmare il verbale delle sue dichiarazioni e torna a casa dal marito, lo stesso che un mese dopo, il 16 aprile, dichiara ai carabinieri di Nicotera Marina che la moglie ha tentato il suicidio ingerendo l'acido muriatico. Tita Buccafusca morirà due giorni dopo in ospedale.
“Poteva ingerire, volontariamente, una simile quantità di acido muriatico? E’ l’interrogativo attorno al quale ruota la nuova
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