Lea Garofalo, la testimone ribelle

Lea Garofalo aveva trentacinque anni, era una testimone di giustizia. Nata a Petilia Policastro, in provincia di Crotone, trapiantata a Milano il 29 novembre 2009 viene sequestrata, uccisa e sciolta nell’acido: deve pagare il fatto di aver voluto lasciare il marito Carlo Cosco, difendere sua figlia Denise e raccontare ai magistrati gli affari dei clan calabresi attivi a Milano.Nel 2002, Lea aveva deciso di collaborare con la giustizia e di raccontare le faide interne tra la sua famiglia e quella del compagno Carlo Cosco. Il padre era stato ucciso quando aveva nove mesi, il fratello Floriano era il boss si Petilia Policastro ma le attività mafiose si estendevano anche a Milano.  Nel 2005 Floriano viene assassinato e Lea dà la colpa davanti ai magistrati al cognato Giuseppe Cosco e all’ex marito Carlo.Ma nel 2006 la donna viene estromessa dal programma di protezione, nel 2007 riammessa ma nell’aprile del 2009, pochi mesi prima della sua scomparsa, decide di rinunciare volontariamente a ogni tutela e di tornare a Petilia Policastro, spostandosi poi a Campobasso.Ed è lì che il suo ex convivente la scova appena un mese dopo e, secondo la ricostruzione dei magistrati, manda un sicario per farla uccidere: Massimo Sabatino si presenta alla porta fingendo di essere un idraulico.  Lea aiutata dalla figlia Denise riesce a neutralizzare l’uomo, ma la fuga a Milano non la salverà dalla sua sorte: la donna sarà rapita, uccisa e sciolta nell’acido in un terreno di San Fruttuoso, nella zona di Monza. Sarà proprio il suo ex Carlo Cosco a simularne la scomparsa volontaria e l’agguato.

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