La politica non asservita ai dettami mafiosi è finita spesso bersaglio delle cosche. Minacce, intimidazioni e delitti hanno costellato, in Calabria, l'impegno antimafia portato avanti da partiti e singoli esponenti politici. Obiettivo della ndrangheta: zittire le voci "contro", intimorendo le realtà politiche più impegnate.
A Rosarno, nel 1980, Peppe Valarioti parla chiaro: è il giovane segretario del Pci di Rosarno, ha 30 anni e ha capito da tempo che per la sua terra non ci può essere sviluppo senza liberarsi dalla presenza delle cosche. Durante la sua gestione, il Pci avvia una campagna di moralizzazione interna, soprattutto nella cooperativa Rinascita, che era collaterale al partito. Viene ucciso l’11 giugno del 1980, dopo una cena in cui si festeggiava la vittoria elettorale del partito. Lo aspettano fuori dal ristorante, a Nicotera, e gli scaricano addosso due colpi di lupara. Dietro la sua morte, una strategia delle cosche di Rosarno (clan Pesce) per intimidire la politica. Il delitto è rimasto impunito.
Undici giorni dopo, a Cetraro, sulla costa tirrenica cosentina, nel mirino finisce Giannino Losardo, un altro comunista. Losardo ha 53 anni, è segretario giudiziario della procura di Paola e assessore comunale ai Lavori pubblici. Viene ucciso il 21 giugno del 1980 mentre, a bordo della sua auto, si trova sulla statale 18: una moto di grossa cilindrata, un Honda 750, lo affianca e uno dei killer spara, Giannino scappa, viene trovato ancora vivo. In ospedale, ancora cosciente, confida qualcosa a Francesco Granata ex-vicepretore onorario e amico fidato. «Tutta Cetraro sa chi mi ha sparato», gli dice. Nulla di più, giura Granata. Anche il suo omicidio è ancora senza responsabili.
Si occupava di Lavori pubblici anche Giovanni Trecroci, 46 anni, vicesindaco e assessore Dc di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. Trecroci è una persona capace, stimata, un amministratore onesto ed un educatore scout del Masci. Per il suo ruolo di assessore, doveva gestire decine di miliardi e grosse opere come la prossima metanizzazione di Villa San Giovanni. Viene freddato il 7 febbraio 1990 vicino casa, nel rione Cannitello, con 5 colpi di pistola calibro 9 alla testa. Ucciso dalla mafia degli appalti. Il Comune di Villa si blocca, i dipendenti incrociano le braccia, ma le indagini non raggiungono nessun risultato.
Ha un nome e cognome, invece, l'esecutore materiale dell'omicidio di Stefano Ceratti, 55 anni, segretario della Dc di Caraffa del Bianco, nella Locride. Ceratti viene ucciso il 7 aprile del ‘92 nel suo studio medico di Bianco dal cosentino Sergio Prezio, condannato in via definitiva come esecutore materiale dell'agguato. Per i giudici, si è trattato di un omicidio politico-mafioso commissionato dalla cosca Pelle, disturbata dalle denunce e dall'opera moralizzatrice di Ceratti in seno al partito e al Consiglio comunale di Caraffa.
E' un uomo libero ed onesto anche Luigi Ioculano che faceva il medico della mutua Gioia Tauro ed era impegnato nella vita pubblica, attraverso l’associazione Agorà e l’omonimo periodico che promuove la cultura della legalità con iniziative sociali e culturali. E' un professionista stimato e benvoluto da tutti su cui la cosca Piromalli vorrebbe puntare come candidato a sindaco da contrapporre all'odiato Aldo Alessio (Pds). Ioculano non ci sta. Viene ucciso il 25 settembre del 1998 sul pianerottolo del suo ambulatorio in via Roma. Tre colpi con una pistola a tamburo, due all' addome e uno alla testa.