Lavoratori troppo onesti. Professionisti troppo inflessibili. Si muore anche di questo in terra di ndrangheta dove, solo per avere voluto fare al meglio il proprio lavoro, sono caduti sotto i colpi delle cosche professori, ingegneri, impiegati di banca, medici, avvocati. Delitti impuniti ma chiari nella matrice e nel movente.
Il professore di matematica Francesco Panzera non sopportava che nella sua scuola - il Liceo scientifico Zaleuco di Locri - avesse cominciato a circolare da qualche tempo la droga. Vuole proteggere i suoi studenti ed ingaggia una campagna per stroncare lo spaccio nei pressi dell'istituto. La sera del 10 dicembre 1982 viene ucciso con otto colpi di pistola sotto casa. Aveva 37 anni e nessuno pagherà per il suo omicidio.
Peppe Tizian, sempre a Locri, faceva invece il funzionario del Monte dei Paschi di Siena. Aveva 36 anni quando la sera del 23 ottobre del 1989 lo ammazzano, mentre sta tornando a Bovalino, a bordo di una Fiat Panda, lungo la statale 106. I colpi di lupara lo raggiungono all'altezza dell'area archeologica e del museo della Magna Grecia di Locri. Secondo gli investigatori era un funzionario integerrimo e, nonostante si sia subito profilata la pista legata all'attività bancaria, le indagini non hanno prodotto risultati.
Senza colpevoli anche l'omicidio dell'ingegnere Demetrio Quattrone, funzionario dell'Ispettorato del Lavoro dove coordinava l'attività di controllo nei cantieri e consulente tecnico presso i Tribunali di Reggio, Palmi e Locri. Quando lo uccidono, il 28 settembre 1991 assieme al medico Nicola Soverino, trucidato solo per non lasciare testimoni, Quattrone ha 42 anni e tre figli. Si è conquistato sul campo la fama di professionista inflessibile e apprezzato, tanto da avere svolto anche perizie per conto della Procura di Palmi che indagava su reati mafiosi nella Piana di Gioia Tauro. L'agguato è scattato a pochi metri dalla sua casa di Villa San Giuseppe, a Reggio Calabria: mandanti ed esecutori sono ancora senza nome.